La comunità e le persone che la compongono possono svolgere un ruolo diretto nell'erogazione dei servizi di assistenza?
Una possibile nuova frontiera del sistema di welfare (o più esattamente una precedente impostazione a cui è possibile tornare a fare riferimento) è quella di attribuire un ruolo diretto nei servizi alla comunità (dunque ai cittadini), con lo scopo di ‘liberare’ risorse per gli interventi specialistici o per politiche oggi sacrificate (le risorse destinate al sociale sono tutt’ora oggetto di un taglio molto marcato).
Individuare nei condomini, nei quartieri, nei borghi dei ‘cittadini responsabili', o forme organizzate di cittadini come le associazioni, le parrocchie, i comitati e simili, che assumano compiti di orientamento e cura delle persone in stato di bisogno, sotto la cura di operatori professionali dei servizi pubblici.
Per gli anziani, i minori a rischio, gli immigrati da poco arrivati, le famiglie in difficoltà, sarebbe utile poter disporre di un punto di riferimento prossimo, accogliente e disponibile per il sostegno ai bisogni semplici?
La comunità, opportunamente guidata, è in grado di offrire questo supporto solidale o si tratta di una chimera?